Un ponte fra il Belpaese e il Sol Levante. Quando i giapponesi scoprirono l'Italia? E’ possibile individuare date precise: 8 maggio - 3 giugno 1873, ossia quando la cosiddetta “Missione Iwakura” – prima delegazione diplomatica del Giappone moderno – alla fine del suo tour americano ed europeo visitò il Belpaese, calando dal Brennero fino alla Campania. In occasione dei 150 anni delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, arriva a Napoli, nella basilica di San Giovanni Maggiore, una mostra ispirata a quella allestita l’estate scorsa a Tokyo, che illustra la “scoperta dell'Italia” attraverso una serie di pannelli fotografici, nonché preziosi documenti relativi a Kunitake Kume, l'uomo che curò il resoconto ufficiale del viaggio, effettuato da persone che per lo più ebbero poi un ruolo-chiave nel governo del Sol Levante. L’iniziativa è promossa dall’Università di Napoli L’Orientale, in collaborazione con l’Istituto Giapponese di Cultura e la Fondazione Ordine Ingegneri Napoli.
La mostra è visitabile gratuitamente dal 26 ottobre al 5 novembre, negli orari 9.30/15.30, dal lunedì al venerdì.
Due popoli, due culture, due visioni della vita così “distanti”, anche oggi, dovevano apparire ancora più distanti alla fine dell’Ottocento.
La mostra “La missione Iwakura alla scoperta dell'Italia” nasce da un progetto di Tomotoda Iwakura - discendente di Tomomi Iwakura, capo della missione - e di sua moglie Shoko (recentemente scomparsi); già nel 1984, quando era direttore dell'istituto Giapponese di Cultura, Iwakura aveva organizzato una mostra sul tema a Roma, che contribuì a portare alla luce documenti di archivio (anche italiani) di difficile accessibilità.
Già alcuni secoli fa erano arrivate in Italia due missioni di giapponesi (una partita nel 1582, su impulso del gesuita Alessandro Valignano, e una nel 1613 inviata dal signore di Sendai, Date Masamune). Ma la chiusura al resto del mondo attuata dal Giappone per due secoli e mezzo, sotto gli shogun Tokugawa, aveva interrotto i contatti. Toccò dunque alla missione Iwakura riscoprire l'Occidente e cercare di cogliere il meglio da ogni Stato straniero per consentire al Giappone di uscire dal retaggio feudale e diventare una nazione moderna.
“I membri della missione si accorsero con meraviglia che le radici della civiltà occidentale erano in Italia”, ha osservato Tomofusa Iwakura alla cerimonia di inaugurazione della mostra a Tokyo. Più in particolare – sottolinea Silvio Vita, direttore della Scuola Italiana di Studi sull'Asia Orientale di Kyoto - “l'Italia fu vista come il centro della tradizione artistica europea. Tanto che molti pittori e scultori italiani furono poi invitati in Giappone a insegnare, come Ragusa, Fontanesi, Chiossone”.
Fu anche l'inizio della prima rappresentanza diplomatica a Roma, dove fu mandato il principe Nabeshima (esponente di una famiglia di nobili del Nord del Kyushu). E a Roma nacque sua figlia, che fu chiamata Capitale d'Italia.